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Per un parto senza dolore
Recentemente ho partecipato -fuori programma- ad un incontro informativo sull’anestesia peridurale.
Me ne sono stata lì, seduta in silenzio ad ascoltare un dottore che spiegava come è possibile avere un parto indolore. E ripensavo al mio parto, ai miei parti. E a tutto il dolore che li ha intrisi, fino a scendere nel più profondo angolino della mia dignità.
E mi sono chiesta, silenziosamente, se a qualcuno interessi scoprire un analgesico per quel dolore, per il dolore che io ho provato.
Dottore, dimmi se esiste un
’anestesia contro il dolore di sentirsi incompetente, contro il dolore di sentirsi in balia di sconosciuti, contro il dolore di sentirsi osservati e giudicati, contro il dolore di sentirsi legati da cavi, cinture, monitor accesi.
Dimmi se esiste dottore, o se la scoprirete, un’anestesia per far sparire il dolore del tempo e del ritmo non rispettati: oh, dottore, questo sì che lacera. Non la pelle che è facile da ricomporre, ma l’anima, lacera l’incontro, lacera le basi della relazione. E questo, dottore, non lo si risolve con qualche punto dato distrattamente come da routine. Lo si risolve con mesi, a volte anni di duro lavoro per ritrovarsi.
Dottore vorrei sapere da lei che ama così tanto l’assenza di dolore, se può darmi qualcosa contro il dolore di non ricordare l’odore di mia figlia perchè quando me l’hanno finalmente messa tra le braccia era vestita con un vestito che non avevo mai visto e dalla pelle emanava odore di profumo e petrolati. Dimmi se c’è, dottore, un anestetico contro il dolore di un allattamento che fatica a prendere il via perchè è mancato il riconoscimento. Dimmi se esiste, dottore, una soluzione chimica perfetta per non sentire tutto quel dolore accumulato che quel neonato che ti ritrovi in braccio ti legge nell’anima, piangendolo senza posa.
Sai che penso, dottore? che l’unica anestesia che mi ha fatto sentire viva, che ha acquietato tutto questo dolore è stato lo smuovere profondo della mia energia più atavica quando la testa della mia bambina ha iniziato a scendere ed ho sentito tutto il mio corpo rispondere finalmente a lei, a noi.
Quel momento, quelle spinte così naturali, perchè sentivo lei che mi guidava da dentro, è ciò che mi ha fatto scoprire quanto fossi forte. Che mi ha fatto sentire che potevo riprendermi il mio sentire e la mia dignità, così perfettamente puliti e avvolti in tessuti sterili da rendere sterile anche l’esplodere della vita.
Mio marito, devastato da tutto quel dolore e dalla sua impotenza, poi mi dirà che in quel momento il dolore era sparito, che era sparita quella donna sofferente ed umiliata e che davanti a lui c’era di nuovo la sua sposa, forte come una tigre, che sapeva improvvisamente cosa fare.
Ma tu, dottore, cosa ne sai di quel momento? Eppure fai di tutto per convincere le donne a non sentirlo, a sentirlo meno. E alla fine ti lasci pure andare in un’esclamazione “viva la peridurale!” trasportato da un entusiasmo incosciente che sa di autoaffermazione.
E sembri, dottore, così sicuro di poter migliorare ciò che Dio ha creato, che non ti accorgi che sei lo strumento tramite cui si avvera la maledizione “tu, donna, partorirai con dolore”.
Dottore tu inganni te stesso e, quel che è peggio, inganni le donne, le famiglie.
Perchè il dolore vero, dottore, non si cancella con un’iniezione. Si cancella con il rispetto e la fiducia nelle donne e nella natura.
Si cancella stando in attesa ed intervenendo davvero soltanto quando c’è bisogno.
Si allevia facendo i medici ed occupandosi dei casi di patologia.
Conserva, dottore, la tua preziosa anestesia per i casi in cui davvero serve. E alle altre donne, dottore, aiuta a somministrare silenzio, rispetto, considerazione, conforto, presenza, pazienza, contatto, fiducia, stima. Ti stupirai, dottore, dei grandi risultati che si possono avere. E di quanto la pubblica sanità risparmierebbe.
N.D.A. contrariamente al mio solito, questo posto ho scelto che fosse molto personale. Oggi è il 5° compleanno della mia bambina e vorrei condividere questa riflessione che nasce da quell’esperienza nell’intento che sia utile ad altre donne. Non mi riferisco a casi di evidente patologia.
Scambio di Poesie – Il piede del bimbo (Pablo Neruda)
Il piede del bimbo non sa di essere piede,
e vuole essere farfalla o mela.
Ma presto i vetri e le pietre,
le strade, le scale,
e i cammini della dura terra
insegnano al piede che non può volare,
che non può essere frutto rotondo sul ramo.
Il piede del bimbo allora è stato sconfitto,
è caduto in battaglia,
è stato fatto prigioniero,
condannato a vivere in una scarpa.
Pablo Neruda
“Portare” la famiglia verso nuovi equilibri
Ogni volta che nasce un bambino, la famiglia che lo accoglie si prepara a fargli posto. Un posto fisico nella casa, un posto magico negli affetti.
Strano come quel cosino piccolo piccolo sembri negli affetti così “ingombrante”. Tutto gira intorno a lui, tutti se ne prendono cura, tutti cedono un po’ del loro territorio del cuore.
E, paradossalmente, è proprio in questo scambio d’amore che si nasconde il dolore.
Il dolore di un fratellino che si trova a dover rinunciare alle proprie abitudini: giocare con la mamma diventa più difficile, così come lo diventa il farsi spazio tra le sue braccia adesso sempre “occupate”. Le piccole crisi a cui prima si rispondeva con dolcezza e pazienza sono adesso spesso bruscamente liquidate per via della stanchezza. Eppure quel piccolo è una grande gioia: tante cose da insegnargli presto e un compagno di giochi.
Il dolore di una mamma che si sente in colpa verso i bambini più grandi: ci sentiamo così poco accoglienti e serene, temiamo di non aver posto abbastanza tra le nostre braccia. Eppure si sente che l’amore non è diviso ma moltiplicato e sappiamo dentro di noi che di posto ce n’è e ce ne sarà sempre.
Il dolore di un quattrozampe per le sue passeggiate mancate, per ogni bastone non lanciato, per ogni carezza non passata sul muso. Eppure sente quel cucciolo anche un po’ suo, sente di doverlo proteggere e di voler aiutarlo a crescere.
É questione di tempo, poi tutto si normalizza.
Ed è questione di pazienza, di attenzione.
In tutto questo, parlare di fasce sembra una cosa marginale.
Eppure il portare serve a fare il tempo dell’equilibrio più vicino, più naturale.
Una fascia aiuta a “portare” la famiglia verso il nuovo equilibrio, nella nuova dimensione.Portare il neonato in fascia regala a lui tutto il contatto di cui ha bisogno. Un ambiente assai simile a quello uterino, la vicinanza e la rassicurazione dei genitori, il contenimento che lo fa sentire al sicuro.
Portare un fratellino o una sorellina maggiori offre loro l’opportunità di non usare parole per esprimere la loro inquietudine, offre un angolo magico di contatto esclusivo, silenzioso e nutriente come possono esserlo solo gli abbracci profondi.
E regala a chi lo porta mani libere e braccia grandi. Per accogliere chi ha bisogno di conferme, per accarezzare, portare a spasso, giocare.
Un bambino portato piange di meno, cerca il seno in modo più regolare, è felice ed appagato.
E rimane più tempo per uscire, per soppesare le emozioni, analizzarle, comprenderle, scambiarle gli uni gli altri, viverle in modo sereno.
Un papà che porta è un papà che ha l’occasione di definire fin da subito il proprio ruolo, di sperimentare la sua straordinaria competenza fin dai primi giorni di vita di suo figlio.
Una mamma che porta è una mamma che sa che il proprio istinto è la sua risorsa più preziosa e che tutto il suo immenso amore può passare dalle mani o dalla trama della stoffa.
Portare facilita e arricchisce, accorcia e rende più mite il cammino verso l’equilibrio e la reciproca conoscenza.
(Veronica)
Grazie a: Gessica Catalano per la foto, a tutte le colleghe della Scuola del Portare per le foto e le riflessioni.
Grazie a Chiara De Carolis e a Laura Paglini, educatrici cinofile e mamme portatrici (e Chiara anche collega consulente) per la condivisione delle loro esperienze.
Far luce sul parto
La notizia è riportata da ANSA qualche giorno dopo.
Il ginecologo si è tolto i guanti in silenzio, ha salutato l’arrivo di una nuova vita e di una nuova mamma come fa da anni e neppure per un attimo ha pensato che le luci di un telefonino potessero accendere per lui le luci della ribalta.
Eh, già perchè questo gesto che a tanti è parso eroico per lui è la normalità:
Marco Santini, questo il suo nome, ha trascorso una vita a far luce sul parto. A mettere in luce le competenze della donna, del bambino, il linguaggio sconosciuto e potente che c’è tra loro fin dall’inizio. A far luce sul poter partorire in sicurezza e al contempo nei modi e nei tempi che la Natura comanda. A far luce sulle esigenze della famiglia che sta cambiando nel momento del parto, all’importanza della presenza del papà in ogni momento e di fratellini e sorelline maggiori nei giorni subito a seguire.
Marco Santini è il ginecologo che ha inventato il Centro Nascite La Margherita. Questo
Centro, questo suo figlio speciale è stato il primo in Italia ad accogliere i parti fisiologici come una grande casa.
Marco ne ha perfino disegnato la struttura, ne ha voluto le forme circolari, consapevole che il cerchio è la forma più adatta alla vita che arriva, ad accogliere la femminilità ed il suo potere generatorio. Cinque grandi sale parto che sono anche sale degenza, dotate di ogni strumento per facilitare il parto e per mettere a proprio agio le donne (vasca per il parto in acqua, corde appese al soffitto, sgabelli, palle ginniche e chi più ne ha più ne metta), nessun orario di visita “blindato”, possibilità per il papà ed i fratellini di pernottare con la mamma e di far famiglia da subito. Una grande cucina comune dove si mangia a tavola, si può fare un caffè, sedersi in poltrona e preparare una tisana mentre si allatta.
Il Centro Nascite la Margherita è un’eccellenza a livello europero: tirocinanti e studenti vi arrivano tramite progetti universitari per conoscerlo, capirlo e studiarlo.
Marco Santini ha fatto luce sul parto per vent’anni ed ora risponde incredulo alle richieste di intervista per la sutura alla luce dei cellulari. Lui, il “ginecologo della fisiologia” come spesso viene chiamato quasi con scherno a Careggi, famoso per la sutura di un cesareo alla luce di un telefonino.
Certo è stato bravo, a sfruttare la tecnologia e la presenza dei suoi studenti.
Ma è stato ancora più bravo a far luce, per tanto tempo ed in modo tanto ostinato, sulle condizioni e le necessità del parto e di chi partorisce.
(Veronica)
Un nido domiciliare…
Da quando sono entrata nel mondo dei servizi all’infanzia privati, ho iniziato a raccogliere direttamente la voce dei genitori. Molte delle parole di questi padri e di queste madri confermano ciò che ho letto in molti articoli di puro contatto: “ci manca la tribù”. Quindi, volendo costruire un progetto utile, ho sempre tenuto a fuoco questo obiettivo: far sentire le famiglie parte di qualcosa.
Accogliere un figlio è un desiderio irrinunciabile nonostante qualsiasi difficoltà, prevedibile o imprevedibile, e lo scoglio principale per i genitori che mi trovo davanti è il non avere sufficiente confronto e talvolta neppure sostegno. Sono numerosi, per fortuna, gli spazi e le occasioni in cui si possono seguire corsi di preparazione alla nascita, poi corsi dopo parto che affrontano sempre temi interessanti e aiutano concretamente ad affrontare un periodo oggettivamente critico. Il merito più prezioso di questi corsi è quello di produrre amicizie e nutrire il concetto di genitore consapevole: due regali molto importanti nel corredo dei bambini. Poi le mamme rientrano a lavoro e il tempo speso ad imparare ad educare nel modo migliore diventa sempre meno. Da qui in avanti si può solo mettere a frutto quella conoscenza che ci siamo già procurati e sfruttare la rete sociale che si è creata. Invece i bambini crescono ed è molto importante essere al passo con le loro sempre nuove esigenze e rimanere protagonisti delle loro vite.
Con questo sono arrivata al punto: da quando ne sono diventata responsabile, ho voluto presentare l’asilo nido ai genitori come una importante occasione per CONFRONTARSI con chi vive nello stesso momento le stesse tappe della vita, le stesse difficoltà, le stesse gioie, per CONDIVIDERE un’esperienza personale che FA CRESCERE INSIEME.
In un gruppo di adulti che non delegano ma partecipano impegnandosi in un progetto comune, vedo adulti educati a non perdere mai di vista la loro responsabilità di educatori. In questo trovo l’essenza di un servizio dedicato ai bambini. Questo è praticabile in un asilo nido domiciliare.
Iniziamo a parlarne “tra noi grandi”, più avanti lo osserveremo con gli occhi dei bambini.
La mia esperienza con i bambini è iniziata con gli studi superiori, il lavoro come educatrice presso famiglie e gli asili nido comunali. Si è arricchita con il diventare genitore, insieme a mio marito, due volte. Mi ha poi trasportata nel mondo del lavoro d’impresa privata, quando ho aperto e gestito con due colleghe, un centro gioco educativo per bimbi tra 18 e 36 mesi. Infine mi ha traghettata verso quello che considero l’arrivo del percorso: il mio asilo nido domiciliare. Ho voluto iniziare con l’elenco dei fatti, perché probabilmente rende più comprensibile ciò che per me è la sostanza, se si vuol parlare del bosco incantato. Ogni giorno ci metto dentro tutto quello che mi ha dato il lavorare con esperti colleghi, il confrontarmi con i genitori e i loro, sempre diversi, stili educativi, l’essere io stessa genitore che si mette in discussione di fronte ad ogni fase di crescita delle proprie figlie, il collaborare con professionisti che si occupano dell’infanzia seguendo un’impronta pedagogica rispettosa di una crescita che guarda al tempo, all’emotività, all’individualità di ogni bambino come qualcosa di essenziale da comprendere, accompagnare e godere. Tutto questo è come concentrato nelle radici del bosco che trattengono in sé tutto ciò che saranno in grado di far germogliare.
L’asilo nido domiciliare è un mondo piccino, se messo a paragone con qualsiasi altra struttura pensata e costruita intorno a questa fascia di età. Ne fanno parte due educatrici, sei bambini e le loro famiglie. Il luogo che contiene le loro relazioni è costituito da una porzione di appartamento esclusivamente dedicato, che l’educatrice struttura e arreda, affinché sia funzionale alle esigenze dei suoi piccoli ospiti. Tutto questo fare lo rende assolutamente personalizzato. Ognuno è diverso e in ciascuno si respira il carattere dell’educatrice che lo ha preparato, colorato e abbellito.
6 bambini sono un piccolo gruppo che consente al singolo di entrare nel mondo con delicatezza, accompagnato dai genitori, in un nido diverso dalla propria casa. Affiancato da nuovi riferimenti educativi e affettivi, potrà confrontarsi con se stesso e con i coetanei. L’educatrice è unica, e nel suo lavoro è affiancata da una seconda educatrice che contribuisce ad una migliore e più accurata gestione delle attività. I bambini, in una relazione così diretta, hanno la possibilità di esprimersi in piena libertà, senza che i grandi numeri disperdano o soffochino richieste, conquiste e bisogni.
La caratteristica che rappresenta il valore aggiunto nel nido domiciliare è la speciale qualità delle relazioni. Rappresenta il filo conduttore in ogni momento del percorso che le famiglie vivono con l’asilo nido domiciliare. È facile intuirne l’importanza, come è importante averne cura per non sprecare l’opportunità di accompagnare, lasciarsi accompagnare e soprattutto non perdersi questi primissimi anni di crescita dei bambini. Loro stanno già costruendo la loro personalità, perché rimanerne fuori? Ritengo che sia un dovere del gruppo adulti (educatrici-genitori) essere presente al compimento di ogni passo dei bambini, siano essi osservati come gruppo che come membro protagonista della vita di una piccola comunità.
Faccio qualche esempio per chiarire meglio.
Il primo contatto tra famiglia ed educatrice avviene attraverso la visita dell’asilo, concordata e riservata, durante la quale i genitori hanno modo di conoscere la programmazione educativa e i suoi obiettivi. Si trovano già immersi in quell’aria di bambino che hanno modo di respirare attraverso ciò che vedono e ascoltano, e di sentire con le emozioni. Avranno l’opportunità di togliersi dubbi e curiosità. L’educatrice condurrà questo incontro lasciando emergere anche gli aspetti meno conosciuti o talvolta sottovalutati. Questo è il primo passaggio e lascerà ad entrambe le parti una profonda traccia.
(Scegliere il posto giusto e la persona giusta a cui affidare il proprio figlio richiede un grande impiego di forze che ogni genitore deve affrontare con coscienziosa responsabilità. Trovare ciò che più si avvicina al nostro modello educativo, magari non sarà facile, dovrete girare un po’, visitare diverse strutture, ma fatelo, perché una scelta accurata e ponderata rappresenta il primo passo per rendere felice l’avventura nido per i vostri bambini e anche per voi stessi!)
Il periodo di ambientamento che genitori, bambini ed educatrice affrontano con lo scopo di conoscersi e affidarsi si svolge in una struttura piccola, con un piccolo gruppo di persone con cui prendere confidenza. Questo facilita enormemente i bambini, che ritrovano ogni giorno quello che hanno lasciato il giorno precedente. (Verrà più avanti anche il tempo di allargare le esperienze attraverso le attività e il crescere!). Una volta raggiunta la frequenza regolare, il legame costruito con pazienza e attenzione potrà essere coltivato attraverso una relazione fatta di scambi, partecipazione e condivisione.
Questi sono solo i primi momenti di vita al nido, ma bastano a far trasparire che la complicità e la volontà di giocare tutti insieme il gioco del crescere, saranno gli ingredienti che renderanno davvero speciale la qualità della relazione.
Se vuoi approfondire il tema, invia domande e riflessioni. Grazie!
Portare sulla schiena, il legame sottile
Anni ed anni appoggiandosi sullo sguardo come risorsa comunicativa assoluta.
Lo sguardo non mente, lo sguardo rivela. Lo sguardo appaga, lo sguardo carezza. Lo sguardo parla e sente.
La vista: la Regina indiscussa dei nostri sensi civilizzati. A lei si scrivono poesie, la si celebra con l’arte, la si erige a padrona assoluta del piacere accettato ed accettabile, del piacere da vivere, senza troppi veli, in condivisione.
“Guardare e non toccare”. La percezione che qualcosa di più ci potrebbe essere ma sapendo che è bene fermarsi lì.
C’è forse un ricordo lontano di un piacere bambino di impastare, di affondare le mani nell’acqua, di rotolarsi in un prato o nella sabbia tiepida, di scorrere le dita sul muretto del giardino: la superficie ruvida ed irregolare, la sensazione a mezzo tra la scoperta ed il fastidio.
Ricordo lontano e quasi sfumato.
E poi, d’improvviso, arriva il momento di afffidarsi al tatto: comunicare con un neonato vuol dire recuperare la competenza del tatto, del carezzare, del sentire, del tenere, dello stringere, dell’avvolgere, dell’abbracciare, del portare.
La competenza si risveglia piano, piano, all’inizio un po’ goffa poi sempre più sicura ma ancora indissolubilmente legata alla vista: lo sguardo attento osserva, verifica, legge i segnali, sostiene, dà certezze. Per chi ha deciso di portare il proprio bambino è un rincorrersi di progressi, un arricchimento costante della comunicazione, la capacità di leggere i segnali del piccolo in modo tempestivo ed appropriato. Ma il cucciolo è sempre lì, sotto lo sguardo innamorato dei suoi genitori.
Fino a che non arriva il tempo di portarlo sulla schiena. E tanti genitori si sentono un po’ mancare il terreno sotto i piedi: come rinunciare alla vista?
Eppure, passato il primo momento di smarrimento, chi inizia a portare dietro si innamora follemente e definitivamente del portare.
Perchè il portare svela il legame sottile eppure potentissimo che piano, piano si è instaurato. Una comunicazione profonda e infallibile, efficace ed autonoma che non ha più bisogno della vista.
Il portare, il contatto con quell’esserino dallo sguardo che va poco lontano e senza parole, ci liberano, giorno dopo giorno, dalle servitù sensoriali e ci restituiscono l’interezza della nostra sensibilità. E ci sentiamo forti e capaci. E pieni di risorse.
Ci sentiamo pronti a portare nel mondo il nostro piccolo e anche a lasciargli fare la sua strada, mostrandogliela in modo delicato da oltre le nostre spalle. Improvvisamente sappiamo che anche quando sarà lontano dai nostri occhi, quel legame speciale non perderà colore.
Nel mio lavoro, ogni volta che incontro una mamma in attesa o un genitore con il suo piccolo tra le braccia, mi soffermo a contemplare il prossimo futuro, il momento in cui il loro percorso li porterà ad essere certi che la pelle ed il suo linguaggio a volte bastano a se stessi. In quella fascia annodata intorno al pancione o che si intreccia uterina ad avvolgere il neonato c’è il potere di stringere legami, sottili e potenti come lo è quel linguaggio, come lo è l’essere umano al completo delle sue potenzialità.
Ed è, forse, la parte più affascinante del portare.
(Veronica)
Buon Anno Nuovo!

Che l’anno che sta finendo sia un bimbo portato sulla schiena: conoscenza profonda, sintonia, armonia, fiducia, esperienza.
Che possiamo amare il nostro passato in ogni scoperta e in ogni errore.
E che l’anno nuovo sia il nuovo bimbo più piccolo, portato davanti: un piccolo tesoro di scoperte, amore, tenerezza e cura.
Che possiamo crescerlo e crescerci alla luce delle scoperte fatte, delle cose imparate e stupirci delle splendide sorprese che ci farà.
buona vita piena d’amore e di felicità!
Buone feste in puro contatto!
Vaccini…ma quante domande: tempi e modi dei vaccini e chiarimenti sul sistema immunitario
Ed eccoci alla terza ed ultima parte di questo complesso lavoro di raccolta domande e di risposte. Approfitto di alcuni dubbi sorti dopo la pubblicazione del secondo post, da parte di alcune lettrici per chiarire il metodo usato e l’intento del lavoro.
A qualcuno, questa pubblicazione è sembrata pro-vaccini. In verità, come ho già avuto modo di specificare, l’intento di questo lavoro è sempre stato quello di offrire un luogo all’informazione sugli argomenti di entrambe le correnti di pensiero.
Per far questo sono stati chiamati in causa due pediatri esperti e affidabili (come potete verificare leggendone i profili), rappresentanti di entrambe le parti. A loro è stato spiegato il progetto, sono state sottoposte le medisime domande e sono state inviate TUTTE le risposte per un’ultima revisione prima della pubblicazione. Da parte mia, quindi, sono molto serena sull’essere stata più neutrale possibile.
Ma andiamo avanti e continuiamo con le domande.
Tempi e modi dei vaccini
29. Perchè i vaccini sono programmati nei primi mesi di vita?
ROSARIO CAVALLO Sono programmati nei primi mesi i vaccini per cui è necessaria una protezione a partire dai primi mesi di vita; altri vaccini (morbillo, rosolia, parotite, varicella, epatite A) sono programmati successivamente anche perché per queste malattie c’è una più lunga persistenza degli anticorpi materni che potrebbero ridurre la risposta protettiva del vaccino.
SIMONA MEZZERA Per prima cosa è più facile vaccinare i bambini nei primi mesi, i genitori rispondono subito all’appello della ASL, emotivamente è la fase più delicata in cui l’attenzione è completamente rivolta al bambino e al desiderio di proteggerlo, alcuni autori poi considerano questa fase come quella in cui il bambino presenta meno effetti indesiderati dopo il vaccino. Visto da un altro punto di vista si potrebbe obbiettare che questo momento è quello più vulnerabile in quanto il bambino sta iniziando a entrare in contatto con il mondo esterno con un sistema immunitario totalmente da formare. I rischi che non risponda con una reazione acuta anche di allontanamento delle sostanze tossiche contenute nei vaccini è quindi maggiore con la conseguenza di poter avere delle reazioni a lungo termine meno valutabili e più croniche
30. Perchè si ritiene migliore somministrarli tutti insieme?
ROSARIO CAVALLO E’ una questione di comodità e di necessità di raggiungere alte percentuali di copertura per avere l’effetto gregge di cui abbiamo parlato; l’esavalente necessita di tre dosi nel primo anno per completare il suo ciclo di vaccinazione; per fare gli stessi vaccini singolarmente di dosi ne sarebbero necessarie 18; quanti sono quelli che le farebbero, tanto più se consideriamo che, abbiamo detto anche questo, somministrarli insieme non fa aumentare gli effetti collaterali
SIMONA MEZZERA In parte perché è più comodo, si introducono meno sostanze legate ai vaccini come gli adiuvanti e i conservanti, alcuni poi sostengono che ci sia un effetto coadiuvante con una maggiore risposta anticorpale nel somministrare alcuni vaccini contemporaneamente. Dall’altra parte mai in natura avviene una molteplice infezione da parte di più microrganismi nello stesso momento, l’organismo è in grado di rispondere a uno stimolo antigenico in modo appropriato e non a tanti tutti insieme. Inoltre la via di somministrazione è attraverso una iniezione dove gli antigeni arrivano nel circolo senza passare da altre stazioni linfatiche come avviene nelle malattie naturali.
31. Esiste la possibilità di somministrali separati? In caso esista, che vantaggi o svantaggi comporterebbe?
ROSARIO CAVALLO Credo di aver già risposto
SIMONA MEZZERA Esiste per alcuni vaccini, in realtà si potrebbero effettuarli tutti separati però oggi si sono eliminati dalla produzione alcuni vaccini singoli in quanto non vengono più richiesti. La vaccinazione antitetanica in ogni caso la si trova. Il vantaggio è quello di alleggerire il sistema immunitario da una risposta multipla, lo svantaggio è l’accumulo di sostanze come per esempio l’idrossido di alluminio che è contenuto in tutti i vaccini.
32. Perchè insieme ai vaccini obbligatori si somministrano vaccini che non sono considerati obbligatori?
ROSARIO CAVALLO Anche a questo credo di aver risposto; ri-sottolineo che la distinzione obbligatorio\raccomandato ha una spiegazione storica e non corrisponde a una gerarchia di qualità\opportunità
SIMONA MEZZERA Bisognerebbe chiederlo alle ditte produttrici e all’ASL
33. Perché l’obbligo dei vaccini varia da regione a regione?
ROSARIO CAVALLO A parte il Veneto dove in via sperimentale è temporaneamente sospesa la obbligatorietà, non mi risulta che ci siano questo tipo di variazioni regionali; quello che purtroppo varia è il calendario delle vaccinazioni offerte in modo attivo e gratuito a causa del mal vezzo di molte regioni di voler “correre avanti”, anticipando la offerta di nuovi vaccini anche in assenza di motivi epidemiologici che possano motivarne la urgenza, senza aspettare i pronunciamenti ministeriali. Questa cattiva abitudine, dovuta solo in parte a spinte di mercato a cui si somma un cocktail di motivi diversi (convincimenti ideologici, necessità di mettersi in mostra in campo scientifico o politico, buona fede) ha portato al famigerato aspetto “a manto di leopardo” che ritengo essere un controsenso assoluto in campo vaccinale. Sia chiaro: non è una indiscriminata accusa verso tutti i nuovi vaccini, ma proprio non vedo nessuna ragione che motivi adeguatamente questo modo di procedere
SIMONA MEZZERA Anche questo è un mistero italiano, le Regioni in cui si può più facilmente evitare le vaccinazioni ai propri figli sono quelle in cui storicamente si sono costituiti comitati di genitori più attivi verso una informazione più oggettiva sui danni da vaccini.
34. Perché si fa il vaccino contro l’epatite b a 2 mesi invece che a 12 anni?
ROSARIO CAVALLO Perchè il contagio è possibile a qualunque età ed è ad alto rischio l’età neonatale
SIMONA MEZZERA La domanda giusta sarebbe perché si fa la vaccinazione antiepatite B? Più il bambino è piccolo più la risposta anticorpale può essere maggiormente efficace, nell’adolescenza ci possono essere più persone che non rispondono al vaccino producendo anticorpi. In ogni caso la vaccinazione non conferisce immunità per tutta la vita sia che venga fatta nel neonato sia a 12 anni.
35. Perché si prevede la somministrazione del preparato polio inattivato?
ROSARIO CAVALLO Non si prevede, già si fa, perchè l’antipolio vivo (più efficace) aveva rarissime controindicazioni ed effetti avversi gravi che sono invece superati dall’antipolio ucciso
SIMONA MEZZERA Si sta attuando questa profilassi perché con il virus attenuato si avevano in soggetti con una particolare patologia o in soggetti immunodepressi una riattivazione del virus con la comparsa della malattia.
36. Perché si fa il vaccino contro la rosolia a tutti a 12 mesi invece che solo alle ragazze adolescenti che non l’abbiano avuta in forma naturale?
ROSARIO CAVALLO Perchè si sperava nella eradicazione della malattia e del virus; per avere questa eradicazione occorre che in tutto il mondo il 95% almeno dei bambini facciano due somministrazioni di vaccino
SIMONA MEZZERA Sempre per lo stesso motivo dell’epatite, c’è una risposta migliore nei neonati che nell’adolescenza. Anche in questo caso l’immunità è temporanea.
37. Perchè si fanno i vaccini contro morbillo e rosolia ai bimbi maschi?
ROSARIO CAVALLO Vedi risposta 36; il morbillo è una malattia temibile sia per maschi che per femmine e quindi è ovvio che vada fatto ad entrambi. Il vaccino NON VA SOMMINISTRATO AI SOGGETTI IMMUNODEPRESSI che potrebbero averne direttamente danno ma non ci può essere una riattivazione, cosa invece possibile per un virus della famiglia degli herpes, la varicella
SIMONA MEZZERA Per eliminare i due virus, se si immunizzano tutti si ipotizza che i virus non circolino più. Non si considera però che la vaccinazione è fatta con virus attenuati che quindi in soggetti immunodepressi possono riattivarsi.
38. Esistono precauzioni per preparare i bimbi ai vaccini e diminuire il rischio di conseguenze gravi?
ROSARIO CAVALLO Riferire ogni evento avverso a precedenti dosi e riferire di eventuali terapie e\o malattie importanti in atto. Modificare i tempi di somministrazione previsti dal calendario potrebbe esporre al rischio di contrarre la malattia naturale rendendo vana la vaccinazione.
SIMONA MEZZERA Iniziare a vaccinarli almeno a un anno diminuendo il numero dei vaccini a quelli che possano avere più senso, non farli in periodi in cui ci possono essere virus influenzali o di altro tipo in famiglia, accertarsi che il bambino stia bene, non abbia febbre, tosse, diarrea, mal di gola, effettuare i richiami con tempi più lunghi rispetto a quelli indicati dal calendario vaccinale. Inoltre cercare di fare un’anamnesi accurata del bambino comprendendo anche le malattie che ricorrono maggiormente in famiglia.
39. Cosa è necessario osservare e per quanto per eventualmente capire che ci sono state delle reazioni inusuali?
ROSARIO CAVALLO Comunicare OGNI reazione importante post vaccinale; il compito di stabilire un nesso causa-effetto competerà ad altri, non al genitore
SIMONA MEZZERA Osservare il comportamento, il sonno, l’eventuale comparsa di sintomi nuovi.
40. Quando i vaccini sono assolutamente sconsigliati?
ROSARIO CAVALLO Quando ci sia stata una reazione allergica grave a una dose precedente (andrà valutata la somministrazione in ambiente protetto) e, per i vaccini vivi, quando ci sia uno stato di immunodepressione
SIMONA MEZZERA Nei soggetti immunodepressi, con patologie a livello neurologico, durante l’assunzione di farmaci quali cortisone o chemioterapici, secondo la mia osservazione anche in presenza di forme allergiche o di dermatiti importanti, quando si ha una famigliarità particolarmente importante per quanto riguarda malattie allergiche e autoimmuni.
41. Quando i vaccini sono assolutamente opportuni?
ROSARIO CAVALLO Sopratutto quando ci si debba difendere da malattie molto trasmissibili, diversamente non curabili, capaci di causare decesso o patologie invalidanti (difterite, tetano, pertosse, polio, epatite B, morbillo, rosolia)
SIMONA MEZZERA In caso di epidemie per patologie gravi.
Sistema immunitario
42. Come funziona il sistema immunitario di un neonato?
ROSARIO CAVALLO Più o meno come quello dell’adulto, pur con particolarità che sarebbe troppo complicato da spiegare; certamente i vaccini non rappresentano un problema se non nei casi di malattie immunitarie.
SIMONA MEZZERA Il sistema immunitario è molto complesso e necessita di una componente cellulare che serve per distruggere direttamente sostanze estranee che entrano in contatto con l’organismo e una basata sull’immunità anticorpale cioè sulla produzione di anticorpi specifici verso un dato microrganismo. L’immunità cellulare è legata a cellule chiamate linfociti T, l’immunità anticorpale è determinata da linfociti di tipo B. La risposta mediata da linfociti di tipo T viene stimolata quando il nostro organismo viene in contatto con virus o microrganismi intracellulari. Quella legata ai linfociti di tipo B si attiva invece quando si entra in contatto con batteri, parassiti intestinali, sostanze inquinanti. Nell’adulto sano c’è un equilibrio fra queste due risposte, è un equilibrio dinamico secondo gli stimoli a cui l’organismo deve reagire. Nel neonato in cui il sistema immunitario non è maturo si può avere dopo la vaccinazione una tendenza a una iperattivazione linfocitaria cronica con uno squilibrio evidente fra la risposta immunitaria legata ai linfociti T o B. Questo rapporto cronico alterato può avere come conseguenza una comparsa di malattie allergiche quando c’è una iperattivazione della risposta immunitaria legata ai linfociti B in quanto producono maggiori quantità di Ig E responsabili delle manifestazioni allergiche, oppure una maggiore possibilità di comparsa di malattie autoimmuni o degenerative quando lo stimolo immunitario è maggiormente spostato verso la maggiore reazione dei linfociti di tipo T . La malattia naturale mette invece stimolano la normale reazione del sistema immunitario favorendo il normale equilibrio fra le due risposte immunitarie legate ai linfociti B e T.
43. Il sistema immunitario del bambino è realmente pronto ad affrontare un vaccino?
44. Come sapere se un neonato è un soggetto a rischio?
ROSARIO CAVALLO Sicuramente non si può prevedere un rischio vaccinale se non nei casi di malattia immunitaria o di reazione grave dopo una prima dose. Fare un completo esame in tutti i bambini sarebbe praticamente impossibile e comunque non servirebbe se non nel caso del vaccino antirotavirus. Come detto più volte l’esavalente non ha componenti vive e se somministrato a soggetti immunodepressi semplicemente non provocherebbe risposta immunitaria. L’antimorbillo – rosolia si somministra dopo i 13 mesi di vita, quando uno stato di immunodepressione dovrebbe ormai essere stato diagnosticato.
SIMONA MEZZERA Alcuni autori sostengono che sia possibile valutare un eventuale rischio da vaccino effettuando una serie di esami ematici: emocromo, dosaggio immunoglobuline, tipizzazione linfocitaria, tipizzazione genomica HLA ( A, B, C ) e HDLA DR-DQ. A parte il costo di questi esami e al fatto che debbano essere effettuati in laboratori specialistici, per quanto mi riguarda sono più attenta alla storia clinica del bambino e al cercare di individuare in essa eventuali fattori di rischio
Concludendo
45. Riesce a trovare almeno 3 motivi per cui si debba vaccinare?
ROSARIO CAVALLO Credo di averli già elencati nelle domande precedenti
SIMONA MEZZERA In questo momento no
46. Riesce a trovare almeno 3 motivi per cui non si debba vaccinare?
ROSARIO CAVALLO NO, se non nei rarissimi casi di controindicazione; ho molti motivi per criticare la nostra politica vaccinale
SIMONA MEZZERA Tanti penso di averli espressi nel rispondere alle varie domande
Ecco qua, vi siete fatti un’idea? Avete avuto risposta alle vostre domande? Spero proprio di sì…e che ognuno scelga in piena autonomia e coscienza!
Vaccini…ma quante domande: possibili danni da vaccino o da malattie
Eccoci dunque arrivati alla seconda tappa del nostro lavoro, quella che riguarda i possibili danni da vaccino o da malattie. Vi ricordo che cliccando sul nome del medico che vi interessa, avrete accesso al suo profilo completo di contatti per qualsiasi chiarimento, ulteriore curiosità o altro.
Attenzione: la numerazione delle domande continua dal post precedente per qualsiasi necessità di confronto sulle risposte o di rimando a risposte precedenti, consultate il primo post! (le risposte che citano espressamente una risposta precedente danno la possibilità di accedere al primo post attraverso un link inserito nel riferimento, basterà cliccare su!)
12. Quali sono i possibili danni da vaccino?
ROSARIO CAVALLO Dipende dal vaccino; non si può dare una risposta generale; continuando a parlare di esavalente i possibili danni sono legati a reazioni allergiche a uno dei componenti; tali reazioni sono assolutamente imprevedibili ma eccezionalmente rare; la loro frequenza è centinaia di volte minore rispetto al rischio di riportare un danno da malattia se si decidesse di non vaccinarsi.
SIMONA MEZZERA Vedi risposta precedente numero 5
13 Quale incidenza si riscontra dei danni da vaccino?
ROSARIO CAVALLO Parliamo di una incidenza talmente bassa che un sistema di sorveglianza mediamente poco sensibile come quelli che operano in Italia non è in grado di quantificare in modo attendibile; secondo i sistemi di sorveglianza dei Paesi più avanzati si ipotizza una frequenza nell’ordine di 1:1 milione di somministrazioni; la battaglia per un sistema di sorveglianza efficiente è cosa buona e giusta e vede la ACP in prima linea e dovrebbe vedere sempre più spesso la collaborazione dei genitori pronti a segnalare al proprio medico qualunque importante reazione venga verificata nei giorni e settimane successivi.
SIMONA MEZZERA Non si hanno studi attendibili né riconosciuti su questo punto
14 Quali sono gli studi relativi alla connessione tra vaccini e autismo, tra vaccini e malattie autoimmuni, tra vaccini e tendenze allergiche?
ROSARIO CAVALLO Attenzione!! con questo ordine di grandezza nei confronti delle reazioni avverse gravi, occorrono osservazioni su milioni di bambini per poter affermare qualcosa di serio e quindi semplicemente non può esistere nessuno studio diverso dalla osservazione epidemiologica sulla popolazione che possa essere in grado di dire qualcosa. Alla fine dello scorso millennio fu il vaccino trivalente anti difto-tetano-pertosse ad essere imputato di causare malattie nervose progressive e invalidanti; in verità tale vaccino causava notevoli reazioni febbrili e a volte convulsioni febbrili (che è una evenienza molto spiacevole ma che non lascia nessun danno) ; il confronto statistico di intere popolazioni inglesi dimostrò che non esisteva nessuna correlazione tra vaccino e le temute conseguenze neurologiche; contemporaneamente però a causa di questi timori si ebbe un forte calo della adesione alla vaccinazione e a causa di una paura dimostratasi infondata si ebbero subito di nuovo epidemie di pertosse e un tragico aumento del numero di lattanti morti a causa di questa malattia che era stata messa sotto controllo e che invece per la paura ingiustificata del vaccino tornò ad essere frequente e mortale. Oggi si parla di autismo in relazione al vaccino antimorbillo rosolia parotite sulla base di un vecchio studio del tutto smentito successivamente; ma già il fatto che era uno studio sperimentale fatto su pochi bambini impedisce, come detto, di stabilire nessun tipo di correlazione. Questo vaccino è stato praticato e continua per fortuna ad essere praticato in miliardi di bambini; se ci fosse una correlazione sia pure rara con l’autismo avremmo visto un esplosivo aumento di questa patologia. Anche qui bisogna stare attenti a guardare bene cosa si trova scritto, perché in effetti è una realtà che oggi ci sia un grande aumento di diagnosi nell’ambito dello spettro autistico: vuol semplicemente dire che oggi c’è una maggiore sensibilità diagnostica, nel senso che se prima si diagnosticava come autistico solo il bambino con sintomatologia grave (avete visto Rain Man?), oggi si diagnostica anche il bambino con disturbi relazionali molti più lievi. In definitiva non ci sono dati epidemiologici e non c’è neppure una plausibile base scientifica che possa mettere in relazione le vaccinazioni con questi effetti.
SIMONA MEZZERA Vedi risposta numero 5
15. Io, genitore, sono in grado di identificare una reazione avversa da vaccino?
ROSARIO CAVALLO No, ma sono perfettamente in grado di identificare una reazione non banale occorsa dopo una vaccinazione; dovrò segnalarla in modo che poi gli specialisti possano verificare se davvero esiste un nesso di causa-effetto tra vaccino e reazione stessa, ricordando che come dicevano i latini, non sempre post hoc equivale a propter hoc; non tutto quello che accade dopo la vaccinazione dipende dalla vaccinazione.
SIMONA MEZZERA Qualsiasi reazione fuori dal normale compaia dopo il vaccino anche per un periodo di tempo superiore al mese dovrebbe essere segnalato al proprio medico e valutato in maniera approfondita
16. Cosa si deve fare in caso di sospetto danno da vaccino?
ROSARIO CAVALLO Vedi sopra
SIMONA MEZZERA Rivolgersi a un medico che abbia approfondito e quindi abbia una maggiore competenza sui possibili danni post vaccino
17. Che grado di pericolosità hanno le malattie per cui si vaccinano i neonati?
ROSARIO CAVALLO Sempre per l’esavalente: di tetano si muore (tra atroci sofferenze) quasi sempre; la difterite era causa di elevata mortalità e invalidità; la pertosse è una malattia gravissima e spesso mortale per i lattanti, è anche estremamente contagiosa; la poliomielite è una malattia invalidante, estremamente diffusiva, a volte mortale, incurabile diversamente; l’epatite B causa spesso epatite cronica e a volte epatocarcinoma; l’haemofilus è un germe che anche se raramente può causare meningiti gravi. A fronte di questi potenziali danni delle malattie abbiamo un rischio limitatissimo di reazioni allergiche gravi e un rischio abbastanza frequente di effetti collaterali trascurabili come un po’ di febbre dolore pianto. Oggi (a parte la pertosse) queste malattie non si vedono quasi più, proprio grazie alle vaccinazioni; ma i microorganismi che causano queste malattie non sono scomparsi del tutto e possono ricominciare a circolare in qualunque momento ci dovesse essere un sostanziale calo delle coperture vaccinali; è già successo più volte con la polio, la difterite, la pertosse e le conseguenze sono state terribili.
SIMONA MEZZERA Oggi come oggi nel mondo occidentale la maggior parte delle malattie per cui è ancora obbligatoria in alcune Regioni la vaccinazione sono scomparse vedi polio, difterite, epatite B
18. Quali sono le proporzioni di rischio tra danni da vaccino e danni da malattie contratte?
ROSARIO CAVALLO Come detto, per questo vaccino non c’è proprio proporzione
SIMONA MEZZERA E’ difficile dirlo perché non ci sono dati epidemiologici reali, la domanda è perché rischiare facendo a tutta la popolazione la vaccinazione e non sapendo come il singolo bambino reagirà per patologie da noi scomparse o considerate non dannose per la maggior parte a eccezione di bambini defedati o immunodepressi come per esempio nel morbillo, rosolia, parotite, varicella ecc…
19. Come si contraggono le malattie per cui ci si vaccina?
ROSARIO CAVALLO Rispondo sempre per l’esavalente: il tetano si contrae in seguito a ferite infettate dalle spore del batterio corrispondente (una causa oggi frequente è la puntura con le spine della rosa; a rischio sono sopratutto le donne che fanno giardinaggio; mamme vaccinatevi!); difterite, pertosse, haemofilo si trasmettono per contatto interumano; il virus dell’epatiteB per contatto stretto con liquidi biologici (sangue, sperma, saliva); polio per contatto diretto e attraverso le acque reflue
SIMONA MEZZERA Dipende dalla malattia nella polio, tifo, colera la trasmissione si dice orofecale, cioè dalle feci alla catena alimentare, per il tetano è tramite contatto fra microrganismo e ferita profonda, per l’epatite B tramite sangue o rapporto sessuale, per la maggior parte delle altre tramite l’apparato respiratorio.
20. Che incidenza ha l’encefalite da morbillo?
ROSARIO CAVALLO Circa 1:1.000; da vaccino antimorbillo si calcola 1:1.000.000
SIMONA MEZZERA Anche in questo caso difficile dare una valutazione oggettiva in quanto anche se il morbillo resta una malattia in cui è obbligatoria la denuncia una volta che il bambino la contrae questa non sempre viene effettuata per cui la stima delle conseguenze sicuramente è poco oggettiva. Quello che comunque negli ultimi anni si sta registrando è un netto calo sei casi di Panencefalite sclerosante subacuta con “la curiosa eccezione della Romania in cui si registrano 5-6 casi/anno/milione di abitanti indipendentemente dall’uso del vaccino” (cit. Roberto Gava “ Le vaccinazioni pediatriche” pag 357)
21. Che pericoli comporta la rosolia?
ROSARIO CAVALLO Gravissime e irrimediabili malformazioni congenite se contratta in gravidanza. La rosolia, come il morbillo, ha tutte le caratteristiche per poter essere eliminata completamente e definitivamente (così che non sarebbe neanche più necessaria la vaccinazione) dalla faccia della Terra, come è successo per il vaiolo che causava epidemie con altissima letalità e che col vaccino è scomparso dalla circolazione senza essere rimpiazzato da altri virus. Una volta si diceva che la malattia naturale fornisse una immunità per tutta la vita, mentre i vaccini no; in realtà neanche la malattia probabilmente conferisce immunità a vita in assenza dei richiami immunitari determinati dal contatto col virus in corso di nuove epidemie; ma quando i vaccinati erano pochi e quindi continuavano ad esserci ancora frequenti epidemie, anche loro sembravano essere diventati immuni “a vita” perchè la loro difesa immunitaria era richiamata tutte le volte che avevano un contatto con nuovi soggetti ammalati; la riduzione delle epidemie ottenuta grazie alla diffusione delle vaccinazioni impedisce invece il richiamo immunitario e si ha quindi una perdita progressiva di protezione (certamente più rapida nei vaccinati rispetto a chi ha avuto la malattia) che richiede la effettuazione di alcuni “richiami” vaccinali che è il prezzo da pagare finchè non si riesce a eradicare completamente questi virus.
SIMONA MEZZERA Il maggior pericolo è quando una donna incinta contrae nei primi 3-4 mesi di gravidanza questa malattia in quanto il feto può contrarre la rosolia congenita. Il vaccino come anche quello del morbillo o della parotite non dà una immunità a vita, come la malattia naturale, per cui il rischio che una donna che abbia avuto la vaccinazione a 10-11 anni sia poi da adulta non protetta c’è. Si effettua inoltre su tutta la popolazione anche quella maschile con lo scopo di eliminare il virus e quindi ridurre la diffusione della malattia non considerando che uno spazio virale lasciato vuoto viene subito riempito da un altro virus che può essere più dannoso per l’organismo umano in quanto nuovo e non ancora conosciuto dal nostro sistema immunitario.
22. Cos’è e come funziona l’effetto gregge?
ROSARIO CAVALLO Se si vaccina la maggioranza della popolazione si creano effetti su tutta la popolazione; in genere l’effetto è positivo: se si vaccina contro morbillo e rosolia il 95% della popolazione il virus non circola più e quindi si protegge anche il restante 5% e tra questi anche quei pochi soggetti in cui la vaccinazione è controindicata. A volte l’effetto gregge è negativo: se si vaccina solo il 60% si rendono meno frequenti le epidemie e quindi la malattia ha meno probabilità di essere contratta in età infantile e aumentano le probabilità di contrarla da adulto quando il morbillo è ancora più virulento e quando la rosolia fa veramente paura.
SIMONA MEZZERA Quando il 75% della popolazione è coperto dalla vaccinazione verso una data malattia il rimanente gode di una protezione passiva in quanto il microrganismo circola meno.
23. Quali sono attualmente le malattie debellate e quelle non debellate?
ROSARIO CAVALLO Debellato definitivamente solo il vaiolo; per le altre si è vista una riduzione in genere molto notevole del carico di patologia. Certamente le migliorate condizioni nutrizionali e igieniche hanno contribuito a questo risultato, ma il contributo dei vaccini resta fondamentale, come testimoniato dal caso della difterite, oggi in Italia praticamente scomparsa ma pronta a ritornare tragicamente di scena come è successo in Russia alla caduta del regime, quando per diversi anni ci fu una quasi sospensione dei servizi vaccinali. Alcune volte la riduzione del carico di patologia è meno significativo, ma questo non riguarda certo i vaccini di cui abbiamo parlato sinora.
SIMONA MEZZERA Polio, tifo, colera, epatite A sono nettamente diminuite nei paesi Occidentali anche per la presenza di reti fognarie che hanno portato a una netta riduzione di tutte le malattie a trasmissione oro fecale. La difterite è considerata debellata , anche l’incidenza di nuovi casi di Epatite B è nettamente diminuita.
24. L’estinzione di certe malattie è dovuta ai vaccini o alle pratiche igieniche?
ROSARIO CAVALLO Ho già detto che le due cose cooperano per lo stesso risultato, ma senza vaccinazione i casi di vaiolo potrebbero essere ridotti da buone pratiche igieniche ma mai sarebbero stati debellati; la stessa cosa per polio, morbillo, rosolia, che sono le uniche altre malattie potenzialmente eradicabili.
SIMONA MEZZERA Difficile dirlo. Probabilmente da entrambi, però nel caso di malattie a trasmissione orofecale di cui non è obbligatorio il vaccino possiamo dire che le misure igieniche da sole hanno limitato la presenza dei casi. Anche per quanto riguarda l’epatite B quando si è conosciuto la via di trasmissione del virus e come sterilizzare gli strumenti che potevano essere causa della propagazione della malattia si è riscontrato un cambiamento notevole nell’incidenza della malattia. Inoltre alcuni autori sostengono che ogni malattia ha un suo ciclo naturale di comparsa, acme e diminuzione.
25. In che modo e con che incidenza i flussi migratori possono agire sul ritorno di malattie attualmente debellate?
ROSARIO CAVALLO Non in modo determinante (a parte la polio); per le altre malattie il problema sussiste di per sé.
SIMONA MEZZERA La maggiore pericolosità può essere per le malattie a trasmissione respiratoria come per esempio la tubercolosi, per quanto riguarda altre come per esempio la polio la presenza della rete fognaria ci garantisce una protezione su un possibile contagio.
26. Che base scientifica c’è all’origine delle sentenze di risarcimento da danni da vaccino?
ROSARIO CAVALLO Per quella famosa e recente di Rimini (autismo-morbillo) assolutamente nessuna, ho letto il dispositivo della sentenza e il parere dei periti; in alcuni pochi casi ci può invece essere una vera correlazione;
SIMONA MEZZERA Per il momento non vengono riconosciuti esami specifici che possono assicurare che quello che vediamo sia legato alle conseguenze del vaccino. Rimane la osservazione clinica anche se a volte è difficilmente valutabile per esempio essendo il vaccino somministrato nei primi mesi di vita del bambino è difficile valutare i danni cerebrali che possono comparire se non si presentano in forma acuta, per cui tutte quelle forme di danno cerebrale che piano piano si fanno più presenti nello sviluppo del bambino possono essere difficilmente riconosciute come legate alla vaccinazione. Nel caso invece della encefalite post vaccinica può essere più facile da riconoscere in quanto compare da 7 a 10 giorni dopo il vaccino con sintomi quali apatia, sonnolenza, torpore mentale fino alla perdita di conoscenza, convulsioni.
27. Come si determina se un evento avverso è stato determinato dal vaccino?
ROSARIO CAVALLO E’ una procedura tecnica lunga e complessa; impossibile da riassumere in poche parole
SIMONA MEZZERA Forse varrebbe fare questa domanda a un avvocato specializzato in sentenze su danni da vaccini
28. Che affidabilità ha il KIT disponibile in USA per stabilire i danni da vaccino?
ROSARIO CAVALLO Non lo conosco, ma mi sembra una “bufala”, le procedure sono troppo complesse, credo sia impossibile contenerle in un kit.
SIMONA MEZZERA v. sopra
Spero vivamente che queste domande rispecchino i dubbi di ciascuno, e che le risposte abbiano contribuito a fare un po’ di chiarezza e a far “sentire” a ciascuno la strada più adatta alle proprie idee e ai propri valori. Ovviamente i genitori che avevano già un’idea salda sull’argomento probabilmente troveranno la parte opposta alla propria, ridicola e superflua. Puro Contatto non ha, però, né ha mai avuto, la pretesa di cambiare le scelte di nessuno ma di offrire strumenti per giudicare a coloro che stanno scegliendo una via. Ringrazio ancora una volta i nostri medici esperti che si sono prestati a titolo assolutamente gratuito a rispondere alle domande e a “metterci la faccia” (e l’email!!!!). E ringrazio tutti i genitori che hanno letto e leggeranno questo ed i prossimi articoli con la serenità del libero confronto ed il rispetto per le scelte e per il sentire altrui!



