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Portare i bambini…fin da dentro la pancia!
Da quando sono diventata consulente del portare con la Scuola del Portare, ho scoperto che con la fascia, si possono portare i bambini fin da dentro la pancia…e per me è stato un incredibile ampliamento di orizzonti.
Amo quando i cicli di consulenze cominciano dal pancione: il senso di continuità è totale, la componente emotiva altissima e serena. E quindi oggi voglio parlare proprio di questo, dei miei sentimenti sul portare il pancione.
Iniziamo da qualche dettaglio tecnico: il pancione lo si porta dall’ottavo mese di gravidanza e le possibili legature si scelgono in base all’epoca gestazionale esatta, al tipo di mamma, al tipo di pancia e…alla stagione! Tutte le legature sostengono il pancione non attraverso la compressione muscolare (come le terribili pancere!) ma attraverso la postura, per cui non vanno a sostituirsi ai muscoli addominali ma danno comunque molto sollievo.
Praticità
La mamma avvolge la fascia a se stessa, ne prova la sensazione piacevole di contatto, di carezza. Conosce il tessuto e la pressione leggera ma uniforme che la pelle ne riceve. Impara a lavorare i lembi, a drappeggiarli, tirarli, incrociarli, annodarli. Quando il suo bambino nascerà, la fascia non sarà più una sconosciuta e la competenza acquisita si trasformerà in maggiore sicurezza e disinvoltura nell’eseguire le legature per portare il suo piccolo.
Valore all’introspezione
Per l’intera gravidanza la mamma ha imparato ad ascoltare i cambiamenti del proprio corpo, a trovare nuove soluzioni di equilibrio, nuovi ritmi di riposo e di attività, nuove energie…a volte anche nuovi gusti alimentari! La legatura del pancione valorizza e agevola questa competenza, questa naturale consapevolezza: in ascolto di se stessa la mamma sente la sua pelle, i suoi muscoli, le sue ossa e sa già se ha bisogno di un sostegno deciso,di un sostegno più lieve, o solo di contenimento, di coccola. E così, parlando, si sceglie la legatura adatta.
Contenimento e preparazione al “passaggio”
Come farà con il neonato, la fascia fa con la mamma. Contiene ma non chiude, sostiene ma lascia crescere. Tante volte si è parlato e si parla delle caratteristiche uterine della fascia. E queste caratteristiche brillano anche nel legare il pancione.
Un utero esterno che contiene la mamma, il suo corpo in espansione, la sua emotività accesa, il suo prepararsi per dare alla luce. Come in una specie di complicità in attesa del “passaggio di consegne”. La mamma e la fascia si conoscono, prendono confidenza.
Dopo il parto la fascia accoglierà il neonato come un eso-utero. Intanto avvolge la pancia, ne prende l’odore. Si fa conoscere dalla mamma: la delicatezza e la morbidezza del tessuto che, giorno dopo giorno, cede un pochino di più, si adegua alle forme e contiene senza dare la sensazione di bloccare, come a comunicarle: “ecco, ti puoi fidare di me, il tuo bambino starà bene”.
La fascia è lo strumento migliore per offrire al neonato una gradualità tra la vita intra ed eso-uterina. Altrettanto, è lo strumento migliore per offrire la stessa gradualità di passaggio alla mamma. Soddisfa il bisogno di sostegno, di contenimento, di coccola del neonato e soddisfa gli stessi bisogni nella mamma che si prepara a far nascere. Diviene il “bozzolo” protettivo che presto vedrà volar via la farfalla più bella. La fascia non è una pancera, è ancora una volta qualcosa di emotivo, di estremamente in sintonia con l’evoluzione di chi vi si lascia avvolgere.
Quando diventiamo madri, fin dalle prime settimane di gravidanza, il mondo intorno perde i suoi confini soliti. Acquisisce inusuale importanza la simbologia, si fondono la realtà e l’immaginario emotivo, il nostro centro di attenzione primario si sposta dall’esterno all’interno per seguire i cambiamenti del corpo, i movimenti della nuova vita che cresce. Ci circondiamo di un bozzolo emotivo di sogni, di paure, di coraggio, di amore, di ascolto, di capacità di darsi totalmente e allo stesso tempo di rinchiudersi , di mettere confini al mondo esterno, di costruire un rifugio sicuro che sia un luogo fisico e un luogo dello spirito.
Come faccia un pezzo di stoffa colorato a sapere e a saper accompagnare tutto questo, è uno dei più bei misteri del portare.
(Grazie alla preziosissima collega Barbara Ronzani per il disegno e a Mamma Sara per la foto!)