Io ballo da sola – su senso di appartenenza e scuole di formazione

11295726_798945416879695_7177384864229479934_nÈ come ballare con un compagno senza sintonia. Per pur precisi che siano i passi di entrambi, per pur esperto sia il ballerino che guida, se non si balla allo stesso tempo si finisce per pestarsi i piedi.
Io avevo in mente una ballata romantica, di quelle in cui i passi si muovono lenti e piccoli, appena accennati. Una danza in cui avere il tempo di sentire le proprie emozioni e quelle del compagno, di sprofondarsi negli odori, di leggere attraverso la pelle i movimenti dell’altro. Una danza da ballare abbracciati, aprendo gli occhi solo per godere del mondo intorno, senza mai guardare in basso perchè il ritmo e la sintonia guidano i piedi senza timore di errare. Una danza dolce e naturale come solo quella degli innamorati può essere.
Mi sono ritrovata in uno sfrenato rock’n’roll acrobatico – niente contro, naturalmente – ma non era ciò che desideravo.
Il mio compagno balla rapido e tecnico, confida nella propria abilità e vuole a tutti i costi mostrarla. Ha sperato di guidarmi ma quando c’è così tanta differenza di aspettative e quando il ritmo non è in sintonia, neanche il più tecnico dei ballerini può creare l’atmosfera del ballo di coppia.
Ed allora meglio fermarsi, respirare, sedere, guardarsi intorno…che magari c’è un compagno seduto che aveva le stesse aspettative e le stesse disillusioni. Oppure qualcuno che si è divertito e si diverte molto con il rock’n’roll ma non vuol rinunciare ad un po’ di danza a tu per tu.
Continuare a ballare infelici significa perdere l’occasione di incontrare quello che veramente si desidera.

Quando ho contribuito a fondare l’associazione Scuola del Portare, dalla base del progetto di Antonella Gennatiempo, avevo in mente un ballo lento fatto di passi piccoli, di sintonia, di decisioni prese insieme in modo circolare, di tempo sentito, assaporato. Avevo in mente un’associazione che sarebbe cresciuta piano, piano fatta di colleghe sempre più preparate, di formazione sempre più ricca e preziosa oppure direzionata a settori specifici per far sì che davvero si formi una rete di professionisti che collaborano. Un’associazione che investisse energie nelle zone del Paese più bisognose, in aggiornamenti ragionati secondo le necessità dei genitori, in garanzie e servizi per le famiglie. Avevo in mente formazioni lunghe un anno intero come lo è stata la mia in cui ci fosse il tempo per respirare, sentire, interiorizzare. Un’associazione che sostenesse i genitori nelle loro competenze, che usasse gli strumenti come mezzo e non come fine.
Un’associazione, infine, che aiutasse a sdoganare i pregiudizi sulla maternità, che sostenesse le consulenti mamme nel loro doppio ruolo di madri e professioniste in modo che nessuna delle due facce della medaglia potesse precludere l’interezza.
Mi trovo invece in un’associazione molto concentrata sulla formazione di sempre più e più consulenti, che mi lascia il dubbio che si voglia più gonfiare che nutrire il panorama nazionale del babywearing: ai posteri l’ardua sentenza.
Un’associazione stretta nelle sue regole sempre differenti, che non mi sta dando stabilità emotiva né sostegno professionale. Regole tutte pensate a tavolino, senza bimbi in groppa o sul cuore, senza respiro di genitori lì vicino, senza le notti insonni delle neofamiglie, senza le preoccupazioni dei genitori ai quali non è andato tutto liscio, senza i bisogni della quotidianeità, senza il ricordo della “trincea” in cui tanti professionisti vivono ogni giorno proteggendo i genitori. Ecco, in quella trincea starebbe la mia associazione ideale. Non in una stanza profumata a pensare a nuove regole e modalità.
Mi ritrovo in un’associazione che impedisce alle mamme di lavorare con i propri bambini definiti “elementi di disturbo” alla pari dei cellulari precludendo la valutazione propria della consulente su quanto e come la presenza di bimbi possa influenzare la sua serenità e la sua presenza. Parlare di contatto e relazione lasciando il proprio bimbo magari ancora nel periodo esogestazionale alla babysitter.
Un po’ come nel film “Le 5 leggende” in cui Dentolina, la fata dei dentini, circondata da un piccolo esercito di piccole fatine che lei gestisce con efficienza, si rende conto ad un tratto di aver passato troppo tempo lontano dal lavoro “di trincea” tra i bambini, tanto che è divenuta incapace di interpretarne i bisogni, i gusti ed i sogni. “Siamo così impegnati a far felici i bambini che ci siamo scordati dei…bambini”, dice.
Sento il bisogno di soddisfare le mie aspirazioni, di formarmi e specializzarmi ogni giorno di più, di offrire informazioni non solo ai genitori ma anche agli operatori di altri settori riguardanti la genitorialità.
Voglio costruire intorno a me una rete di professionisti che si aiutino l’un l’altro secondo le proprie competenze e si informino condividendo competenze ed esperienze con l’unico intento di sostenere i genitori in modo sempre più accurato ed efficace.
Ed è per questo che da oggi…io ballo da sola.

(Veronica)

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Un Commento

  1. Silvia White

    Ciao, mi chiamo Silvia White, sono una creatrice artigianale di fasce porta bebe’ e Accompagnatrice al Babywearing (si mi sono autoproclamata tale) e come te… Ballo da sola
    Lo faccio motivata da idee molto affini alle tue, e quindi sono felice di ballare meno sola da oggi.

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