Ricostruire il tempo – 17 novembre, giornata mondiale del bimbo pretermine
Ci sono momenti nella vita in cui tutto accade d’improvviso e frettolosamente.
E ci prende alla sprovvista e ci lascia con il fiatone.
Quando, poi, è la vita stessa ad accadere d’improvviso e frettolosamente, ecco che inizia un grande cammino di recupero, di comprensione, di ricostruzione.
Oggi è il giorno mondiale del bimbo pretermine.
Vita frettolosa e tenace, relazioni un po’ in salita… ché bisognerebbe fare un passo indietro insieme e capire cos’è successo ed invece si deve scendere subito in trincea, per lottare fianco a fianco, resistere, crescere, sostenersi.
Guerra perlopiù silenziosa, col fiato sospeso.
Perché si tace davanti alla fragilità del corpo e del cuore. Si tace ascoltando le parole dei medici e degli infermieri. Si tace tornando a casa, con il pensiero là, in TIN.
Ma accoccolato nel silenzio c’è il battito del cuore, sempre più stabile. Nascosta nella fragilità c’è la forza di attaccarsi alla vita.
E rispettiamo il silenzio per ascoltare il cuore, rispettiamo la fragilità per leggerne la forza.
I piccoli, piccoli ci comunicano chiaramente cosa sta succedendo. La fatica di tenersi raccolti, la respirazione ancora irregolare, il loro grande cuore: tutto si tranquillizza a contatto con la mamma o con il papà. Grandi mani entrano piano nelle culle termiche, si appoggiano sulla testina del loro bambino, sul sederino o sui piedi. E piano, piano si fanno dolcemente pesanti come a dire: queste grandi mani sono capaci di sostenere ogni tuo tremito.
E poi il petto della mamma, così morbido e profumato. Ecco un ricordo di qualcosa lasciato a metà.
E tutti e due si aggrappano a quel ricordo ma soprattutto a quel presente di condivisione. Di “esserci” profondamente, insieme, lì, in quel momento prezioso e sacro.
Ripartiamo dalla pelle, quel velo così leggero che quasi sembra possa strapparsi con un movimento troppo brusco.
Nutriamo la pelle e con lei tutto il bambino.
Quella pelle che avrebbe avuto bisogno ancora di tempo, di essere accarezzata dal liquido amniotico. Riprendiamo il discorso lasciato a metà, contenendo il nostro prezioso tesoro. Nessuno sa farlo meglio dei genitori, meglio di quella mamma, la cui pelle pure reclama il tempo promesso e mancato.
A volte basta un piccolo sostegno ed ecco che la magia accade: una mamma e un papà offrono le loro mani, le loro braccia, il loro petto, la loro pancia. Le danno come se non fossero più loro, come se fossero il terreno fertile in cui far crescere, ancora, il loro bambino.
Quanta bellezza in questo essere lì, a disposizione. Nonostante le paure, nonostante i timori, nonostante gli incubi. E loro, i piccoli, lo sentono. E tutto diviene calma anche solo per un momento.
Una manina piccola, piccola che stringe il dito della sua mamma o del suo papà. Ed improvvisamente tutto si quieta, il respiro si fa più regolare, i movimenti più lenti, quei genitori si commuovono innamorati. Quel gesto vuol dire forza e fiducia ed è una grande emozione.
Qualcuno dirà col naso all’insù che quello stringere « è solo un riflesso neonatale, che i genitori leggono sempre le semplici cose come se fossero grandi messaggi».
Ma, pensandoci bene e abbandonando la saccenza, quello stringere, proprio proprio nel suo essere riflesso neonatale ci dice tante cose: ci dice che quel bambino ha scritto nel suo codice genetico di “portato” che quando riesce a stringere i suoi genitori è al sicuro.
Perciò si calma.
Perciò, come sempre, hanno ragione i genitori ad emozionarsi e ad accompagnare il gesto con le parole più belle che si possono dire ad un figlio : « siamo qui con te».
Questo meraviglioso scambio che avviene tra i genitori ed il loro piccolo è la vera forza.
E su questa forza si costruisce piano, piano – questa volta senza fretta nè precipitosità – la loro relazione d’amore.
A casa, dopo tanti momenti difficili, le piccole cose semplici possono aiutare davvero questa nuova famiglia.
Hanno bisogno di tempo, loro tre, mamma, papà e bimbo (e magari dei fratellini a sommarsi).
Un telo lungo, una fascia portabebè, morbida e sicura come il tocco della mamma. A recuperare quei confini chiari e vicini, a combattere quella forza di gravità così ostile da far distendere quasi a forza piccole braccia e gambe. A ritrovare la luce soffusa, il battito del cuore, il rumore del respiro, il ritmo stimolante dei muscoli che si muovono delicati nel camminare. Tutto com’era dentro la pancia. Una fascia sa inventare tempo nuovo, un tempo enorme che si avvolge intorno alle spalle del piccolo, intorno alle spalle dei suoi genitori abbracciandone i muscoli e le emozioni, invitando a rilassarsi a sentirsi di nuovo tutt’uno, a lasciar finalmente andare tutte le emozioni.
Un momento per massaggiare, magari facendo più grande un’esperienza già iniziata in TIN, per conoscere e far riconoscere quel corpo tanto amato, per dire con le mani che siamo lì, che amiamo quella pelle, quell’odore, quei muscoli che si stanno ogni giorno fortificando. Un momento per lasciare tutto fuori ed occuparsi solo di prendersi cura e di comunicare con l’unico linguaggio che i neonati conoscono: il linguaggio della pelle e del contatto. Giorno dopo giorno le mani si fanno più sicure, la sintonia sempre più perfetta.
Facciamoci in quattro, noi tutti, familiari, operatori, consulenti, amici e vicini di casa. Facciamoci in quattro per allargare il tempo.
Per lasciare spazio alla pelle di ricostruire il legame, di recuperare il tempo mancato, di rallentare il ritmo.
Inventiamoci modi di lasciare a quella mamma il tempo di sentirsi mamma a pieno titolo, forte e competente, colei che calma e contiene, colei che nutre ed osserva.
Inventiamoci modi di lasciare a quel papà il tempo di sentirsi padre, colui che difende e protegge, colui che ha grandi e forti mani per accarezzare ed abbracciare la sua compagna ed il suo bambino.
Inventiamoci cuochi, aiutanti, camerieri.
Inventiamoci cuscini morbidi in cui affondare e sentirsi coccolati, inventiamoci aperitivi analcolici casalinghi per non far sentire i genitori soli. Inventiamoci, al momento opportuno, passeggiate, telefonate, un mazzo di fiori e dei palloncini.
Perchè così il tempo diviene amico e ci accompagna e forse, a volte, si moltiplica e prende anche lo spazio del tempo mancato.
(Veronica)
Per questo post è doveroso ringraziare:
Adele Ricci, amica e collega meravigliosa che ha realizzato questo stupendo disegno.
Isa Blanchi, fisioterapista ed insegnante AIMI, per le preziose informazioni e per la delicatezza del suo approccio.
Alessia Rossetti, amica e collega, per aver condiviso le sue esperienze preziose di sostegno e di incontro.
Il mio percorso di babywearing per avermi svelato una meravigliosa opportunità di relazione.
Tutti i bimbi pretermine ed ex-pretermine che ho conosciuto ed i loro genitori per avermi insegnato cosa siano le difficoltà e la forza.

Che belle parole! Condivido in pieno!
Sono una pedagogista della cooperativa sociale Focus di Milano.
Noi è da anni che con il progetto Un abbraccio che fa crescere, facciamo formazione pedagogica sul valore della cura affettiva a neonatologi e infermieri e lavoriamo accanto ai genitori dei piccoli premturi nelle Terapie Intensive di 3°livello, quelle che accolgono i bimbi che nascono anche alla 23esima settimana di gestazione.
Proponiamo la fascia lunga già in reparto!
Così mamma e piccolo possono ritrovarsi e cominciare in questo modo intimo e unico il loro stare insieme.
Cara Michela, grazie del tuo lavoro e della tua testimonianza. Mi sono permessa di togliere il link solo perchè questo blog evita di far pubblicità a qualsiasi tipo di prodotto. Spero capirai. Un abbraccio!
Veronica